Wednesday, November 08, 2006


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DIRETTO 2

2.XII.1991


nella crosta della stirpe
con coltelli e scuri d'arme
eccoli
con mani e facce
piedi e petti
a sfidare la fucina dei secoli e dei nanosecondi
con falsi specchi e cani
da caccia e da tartufo
alla ricerca dell'aglio
dell'olio e
del peperoncino
alla ricerca del cuore
del capello
dell'ano più puro
nella notte più oscura e
nella pioggia più dura
con unghie e nasi affilati
cosce e gomiti fasciati

protetti dalle spine dei cacti e
con le orbe disseccate
eccoli
con i genitali gelati e
un nodo al fazzoletto
eccoli

finalmente sono passati
hanno lasciato figli e mogli
nonne e pulci
ad asciugare al vento
e noi qui
a guardare le loro bocche
ci e venuta fame
a sentire le loro voci
ci siamo messi a cantare
abbiamo annusato il sudore e
mangiato la polvere
recitato in rima e
affilato i coltelli

non fu difficile annientarli
erano ciechi muti e sordi
dalla nascita
insensibili alle provocazioni e
lenti nei movimenti
il loro sangue aveva un sapore dolce
come il pane mangialo fumando
spezzammo le loro ossa
che già i vermi le stavano rodendo
ci dissero poi che non eravamo noi
quelli che cercavano
ma un poco più in là ci dissero anche
che non era vero
che era stata solo un'ipotesi e forse
neanche

tornammo qui a ridipingere
le strade e le case
e fu data una seconda mano
e una terza
alla quarta la pittura finì
mentre i pennelli
erano già da tempo, consumati

poi venne la notte e
con la notte la pioggia e
con la pioggia il vento
che asciugò la polvere e
il bucato steso da poco

dopo alcune pause mondane
fu festa
nacquero due gemelli femmina
fu festa


all'alba
la grande macchina
iniziò con fragore a macchinare

mentre eravamo a casa
a contare figli e
mogli
a seppellire nonne e
pulci
i maschi inabili partirono
era il crepuscolo quando
raccogliendo i panni stesi all'alba
li vedemmo in controluce
e anche di profilo
poi uno fece ritorno
e poi un altro e un altro ancora
ci dissero che l'ipotesi era un’
ipotesi
e ai grattarono i coglioni
e ogni generazione li senti vibrare
e ogni amorino li fece oscillare
e con rigore ferale ogni evento
ne è la manifestazione radiale


diretto 2.1, 12. IX.MMVI




DIRETTO 3

marzo 1986


radio

puoi cantare i ritmi della strada
puoi ballare sulle strisce gialle
sulle zebre e le giraffe televisive
puoi cercare guardando passare le
facce
puoi immaginare il ritmo
del mare e delle rocce
cosa farai, cosa dirai
la tua pelle racconta le cose
puoi ballare i ritmi della morte
puoi mentire dicendo o non dicendo
puoi colare ovunque
puoi sputare sul fango o
sulla cenere spenta
puoi vivere aspettando
il vento e la pioggia
puoi avere il potere di controllare
le ore

puoi accendere la stufa e
abbronzarti al sole
puoi pareggiare i conti
nei macabri deliri alcolici
e aggiornare la tabella clinica dei ritrovi pubblici
puoi partire alla ricerca
dell’Eldorado
lustrare senza posa le facce
del palazzo
incrociare gli schizzi e
spazzare il viale
zuccherarti gli occhi
davanti al televisore
puoi guardare oltre i vetri e
raccontare tutto
ma non la trasparenza

puoi continuare a girare
puoi dar fiato alle trombe e
annunciare la grande visione
o accarezzare dolcemente la neve
sciogliersi al sole
puoi assaggiare le eco ed
esplorare le voci
puoi farlo
puoi cantarlo
puoi danzare al ritmo
del radiogiornale e strisciare
ascoltando le cronache sportive
puoi rincorrere gli orizzonti delle
menti
e galleggiare come sanno fare
i bambini su un vivo oceano
di frutta e verdura

puoi perderti oltre le colline e
lasciare le tue cose sparse ovunque
puoi danzare sotto la pioggia e
cantare nella nebbia che ti avvolge
puoi tergerti nei sudari del consenso
o offrire il sangue e il tuo nome
ai grandi padri cilici trascendenti
puoi farlo
puoi ballare sul largo corso dei
pensieri
puoi sentirti così veloce da
avere il fiato corto e
il cuore può batterti forte forte
puoi sentire le ginocchia fremere
e alzarti
e raccontare i ritmi della strada


diretto 3.1, 24.X.MMVI

DIRETTO 4

Solitudine, MVM
a C. M. Lispector


una blatta in attesa
nell'armadio
raggrinzita e sola
quasi liofilizzata riposa
rugosa
ma con grande indignazione
verso il sole e la mamma
una perfetta indignazione

presi come protezione un
coltello in cucina

tutto per colpa
di quella vecchia
la tecnologia

datemi la fonte del potere e
sarò io il primo

volevano costruire
il paradiso terrestre
solo pelo naso e borsa
la vecchia
una vecchia storia
sempre la stessa

Ogni giorno la medesima vecchia
barzelletta radioattiva.


Diretto 4.1, 13.IX.MMVI




DIRETTO 5

MVM

Uno spazio sospeso tra cielo e terra.
Dedicato senza desiderio;
in attenta attesa.
Come fiore e foglia, uno solo e molti;
lo percorro: rondini.
La maestria del dettaglio.
Il tempo dell'operare.
Sintesi e ritmo.
Una piramide sempre sul tavolo di lavoro.
Concentrato nel calore,
nel filo delle punte,
nella consistenza del gesso

Chiamarsi.

Lontano sento l'eco del filosofo del termostato, dei flussi vaporosi degli spaghetti in cottura di tutta la
città..
Facile come bere un bicchier d'acqua. La falena e il lampione.
Sorgenti.
Colline e boschi.
Temporali.
Stormi di rondini durante
la prova di volo.
Armonia dell'implacabile

la misura e la forma delle balene
deserti spirituali
la radioattività
api
formiche
vespe
termiti
intimità


diretto 5.1, 15.IX.MMVI




DIRETTO 6

mediamente
29.V.MIIIM

media(sempre)mente


i copisti multimediali
arti supplementari
macchine desideranti
desiderando macchine

Un artista australiano,Ceilard (?):
“l’evoluzione dell’uomo termina quando la tecnologia ne invade il corpo”.

Sacrificarsi ritualmente alla macchina
alla macchina
alla macchina
alla macchina
alla macchina
alla macchina
alla macchina
alla macchina
alla macchina
alla macchina
alla macchina
alla macchina
alla macchina
alla macchina
alla macchina
alla macchina
alla macchina

alla macchina alla macchina alla
macchina alla macchina alla macchina
alla macchina alla macchina alla
macchina alla macchina alla macchina
alla macchina alla macchina alla
macchina alla macchina alla macchina
alla macchina alla macchina alla
macchina alla macchina alla macchina
alla macchina alla macchina alla
macchina alla macchina alla macchina
alla macchina alla macchina alla
macchina alla macchina alla macchina
alla macchina alla macchina

Papua: scomparso uno dei figli di Rockefeller, probabilmente langiato dall’ultimo popolo cannibale della Terra.

manapé man madol

Chissà che “viaggio” per il cannibale
che si è gustato il suo cervello!

sacrificarsi alla macchina tribale


diretto 6.1, 13.IX.MMVI




DIRETTO 7

a volo d’uccello sopra New York
circa 1990

parole incollate su una
fotografia aerea d’epoca


la pioggia d’oro
eruttando monete
guarda il mare
il piacere di un ormeggio
l’industria
elenco delle immagini
leve pulegge ingranaggi assi
al massimo della loro forza

re dei il gran C
atomico della arf arf
barocco delle peso
fortuna del
fortunati Duchamp
azzardo Eliogabalo
fascino con o senza
della scienza
della tecnica
i casi e le reiterazioni
l’economia
le forme e le decorazioni

i suoi volti ingranditi
zone nascoste
del tempo
attraverso il piccolo taglio
delle lingue
dei segni
nel tempo
del sogno

in una parola
raccolta e distruzione


diretto 7.1, 13.IX.MMVI




DIRETTO 8

12 luglio 1984


A

2993 silenziosi tresette
quatour di sassi malinconici
La carta pecora invade i rex magni,
eloquenti nei cip colortinti.
Acqua piovana e caramelle al
ciclamato, novellanti parchi di seta.
porci
Anchilosi settarie sul cocco
mandorlato e la pappa
gatti
è pronta.
Rintocchi meccanici sul dorso mutilato
della caposquadra, reticolo
endoplasmatico in frantumi, delize
cicalanti.
Più c’allora mi stingo di carpacci
edulcoranti. Ma tempo il cacco resto
mi vuoto di rocca labile stenta:
fingere cilici caduci.

Indaci sprazzi informatici sul collo
di versetti mandorlcacei.
L’upupa ingaggiata veste di rosso
quando le indivine regine cadono in
mille triangoli torrefatti.
Restare intaccati di sporte pedestri,
rilucere di vaniglie usate (catinici
pediluvi), spore calmanti che
fraseggiano richiami (taxi-taxi) di
manoveglie-valigiaf^giornali chiusi,
chiudere vilipendi regolari in
passaporti trasparenti ed eludere
soste obbligate è l’informe caducità
degli occhi, consumatori elettrici
che siedono su tamponi
(in)esplosi(one).
Ricci cardi vernacolari e balbuzienti
piegati dalla forza del maiuscolo
provocante.

Ripartire le luci sulla curvità
terrestre con casi sparsi e
interrogatori moschicidi: la
conseguente viscosità dei cieli e l?
aleatoria ricerca del tango fradicio,
potrebbe allora riciclare i buchi
del righello ora infilzati da
chidi testa-piatta potrebbero
ster-rare (b-kasse) eloquenti misure
di velocità elettive.
Sedie definite e aratri equinoziali
sputano c-dope.


B

Spedire sabbia sciolta.
Le bucalettere innaffiate a cemento.
Fermo posta.
Introdurre in programmi-feticci
estensioni bloccate da silici
cristallizzanti.
Causare il rimando anti creditizio
alle cappelle ercolane.
Virgole circolanti su incroci
tridentini, appoggiare su poliziotti
decimali e intraprendere otto volanti
rasati dai lutti.
Passeggiare in serre polverizzate
e schiaffeggiare la propria presenza
con automatiche freschezze quadrate in
orologi umidi.

Richiedere l’autopsia aggiornata e
attendere appesi al telefono: “clic,
voce numerica che chiude precisi
cicli temporali impacchettati”.
Per l’unico maschile è l’evirazione
portata dallo schioccare dell’
istantanea mestruazione.
Attesa.
Pillole esclusive modificare ormoni
lunari: incorruttibili sorrisi.
La foto del giorno.
Sfasati rapporti circadiani.
Ciclici svasi velati.
Record di produttività.
Le pantofole sotto la scrivania.
Un peluche appeso al pc.
Segreto.


C
(luna piena)

Nell’ora della perfetta
identificazione delle rette lancette
nella stocastica mimetica del tempo:
per i tronchi righelli ancora
ortogonali decidere l’evirazione
procrastinata ad interim dalle regole
statistiche quando la sanguinea
denominazione (in-dipendenza bio-
sintetica) diventi istantanea comune:
quando, allora, se e solo se.

Forse il flusso del tempo è
procrastinazione necessaria
(sopravvivenza del macrosistema)
della cristallizzazione nel momento
omogeneo di rottura.
Velocità consacrata alla diluzione
delle stocastiche linee che altrimenti
si coagulerebbero nell’attimo del
loro errore supremo.
Raccogliere tutte le biglie a sfera
nell’attimo di incrinatura o le porte
delle autorimesse bloccate dalla
scelta elettronica non prevista e
così via: non è forse anticipare il
lavorio del tempo e annullare i cruori
dei flussi temporali?


diretto 8.1, 24.X.MMVI




DIRETTO 9

31.VII.MMIV

Un lungo discorso metafisico sull’
origine del linguaggio.
Il suicidio di Hemingway.
Lo sherpa Tensing.
Un oggetto perfetto, bellissimo, dal
significato oscuro.
Il contenuto esoterico di un romanzo
bestseller.
Un risultato raggiungibile solo per
via intuitiva.
Un manufatto assolutamente
incomprensibile eppure chiaramente
completo.
Un sogno dimenticato.
Una fine procrastinata.
Origini disperse.
Un genio in pausa, che scarabocchia su
un tovagliolo.
La somma delle parti non è il tutto.
Scoprire un talento in azioni
secondarie.
Capire molto tempo dopo perché e
meravigliarsi dell’esecuzione perfetta
e completa eppure eseguita
inconsapevolmente.
Ogni giorno occupare un’ora per fare o
non fare un’azione apparentemente
senza senso.
Stare a casa con se stessi mentre
tutti fuori partono per le ferie,
vanno alle feste, partecipano a
manifestazioni sportive, politiche,
religiose, eccetera.
Passano veloci senza lasciare traccia.
Una frequenza continua che solo noi
rileviamo; una vibrazione che solo noi
udiamo.

Rumori in cucina alle tre del
pomeriggio.
Toccare il fondo con una sonda poco o
per nulla attendibile.
Non desistere malgrado nessun
risultato tangibile o intangibile.
Fare il pazzo imitando comportamenti
alla moda.
Sviluppare ciò che è stato a malapena
accennato.
Spazi vuoti da riempire in seguito.
Uno sviluppo non previsto eppure
accettabile.
Parenti sconosciuti.
Assolutamente inadatta e sola:
inconciliabile, diversa.
Vasi senza sottovasi.
Arrestarsi nella metà dello spazio
visibile.

Una povertà inattesa e incomprensibile. puntofuori
Le leggi della visione.
Opera nella fecondità un solo accordo.
Minare lo spazio.
Occuparsi dell’archivio fotografico.
Strade deserte a mezzogiorno o alle
sette di sera.
Tutto qui.


Diretto 9.1, 11.IX.MMVI




DIRETTO 10

2.VI.MMV


Invisibile.
Invisibile indivisibile.
Invisibile è tutto
il nostro amore.
Invisibile è l’opera
nelle tue mani vuote.
Invisibile è il desiderio
nella tua testa.
Invisibile è quello che sai e
che non dici mai.
Invisibile.

E Fosco mi dice:
ho una cartella di disegni.
E io gli dico:
non credo più alle parole:
è tutta retorica,
hanno perso precisione.
Le parole sono come i disegni.
Mi dai una linea,
un punto.
Mi dai una bella sfumatura e
una prospettiva efficace e
il mio occhio vede e ammira,
riconosce, ordina e rivela:
un cane, un odore, silenzio.
Che bravo!

Ma è il mio occhio
che ha fatto il disegno.
Il tuo disegno.
Il mio occhio.
Quello che è solo
un po’ di sporco su un foglio
ora è una figura
invisibile agli altri sensi.
È per questo che la scultura
è il destino del disegno.
Senza occhi tocchi, senti e batti.
Mordi e accarezzi.

Invisibile è tutto il nostro amore.
Invisibile la paura e il coraggio.
Nell’invisibile osi senza limite
perché tutto è possibile
nell’invisibile.


Diretto 10.1, 13.IX.MMVI




DIRETTO 11

1989


Una grande costruzione trasparente,
una fabbrica.
Arrivo a piedi.
L'entrata è sotterranea.
Scendo le scale che portano alla
ricezione.
“ Buongiorno.”
Il mio corpo viene identificato.
Risponde una voce.
“ Buongiorno.”
Attraverso il passaggio ed entro nella costruzione.
Percorro il corridoio arrivando alla
porta che lo chiude.
La apro.

Ovunque luce che dissimula la vastità
dello spazio.
Non so che farmene del tempo che
scorre.
Non ho oggetti da abbandonare in un angolo, appoggiare su un ripiano, nascondere in un cassetto.
Unico mobile una sedia su cui mi siedo.
Nessuno spigolo a cui affidare lo
sguardo obbligandolo.
Le mie mani sulle ginocchia, l'angolo
del bacino definito dallo schienale.

Un'orda di caratteri romani maiuscoli
mi distrae da pensieri inconcludenti.
Fisso ostinatamente un'acca.
Quella si avvicina e riesco a fuggire.


Diretto 11.1, 16.II.MMVI




DIRETTO 12

ancora


sottomesso a una cura
presunta discreta
punto un bersaglio
che a volte oscuro
mi me dico
talvolta inutilmente
e a poco a poco
muoio



sono una cane cattivo
un cattivo cane
abbaio alla luna
e ancora
mordo l’aria



di modelle
ovuli
uteri
in affitto



bave
di
luce
ragni
nel
vento



Wright never saw them.



radice di cinque per phi
uguale a
phi al quadrato più uno
uguale a
phi più due
uguale a
uno su phi più tre
uguale a
radice di cinque più cinque
frato due



quelli che vengon dietro
badino a chi davanti
schizza
per nettare il vetro



sospesa e aperta
verde e agitata
si protende oltre la pluralità
offrendo l’attesa contemplazione



l’onda chiama
rituali preghiere e canti o
facile rotonda passeggiata
dolce andare alla luce che arde
ritmi pause e botti
come disattenta nascosta e urgente
catena alimentare
l’onda chiama
vieni
fatti scaldare dalle lame
spade di miracoli incandescenti
innocenti e puri
al bianco metallo
i fiocchi scintillano
al curvo fuoco stellare
ardono i cuori
allo spavento biotecnologico pagano
vieni

l’onda chiama
ricorda la frase: la parola sciolta
dalla verità solare
come lineare memoria vegetale
da una curva e via
rischiando tutto
dopo un duro e lungo inverno
allo sciogliersi dei ghiacci
senza perdersi nemmeno un colore
verdi succulenti foglie e fiori
a capofitto da un grattacielo in
fiamme
al vento primaverile arrendersi
come petalo di pesco



neve nera che evapora dalle strade
simpaticamente chiama il cielo
dei buchi dell’ozono e
delle tempeste magnetiche



Schubert non la potè ascoltare mai.



rannicchiarsi nella campana solare
mi riscaldano frequenze sconosciute
riconoscersi nella pagina stillata
l’emersione di nuovi canali
turbinanti di voci
ecco
la fossa rivelatrice
dell’ora e del qui
nei triangoli graffati
la legge della struttura
non più opere
ma voci genetiche
nelle eco cosmiche
l’ombra dell’umano destino
riconoscere i morti e morire
cantando
nel borbottio delle vite
organizzarsi a fluire



Improvvisamente
un fastidioso
prurito materialista:
un mondo ghiacciato dalla necessità.



venti milioni qui
venti milioni là
sei milioni su
sei milioni giù
Caino e Abele l’aperitivo

buchi nel cielo
buchi nella terra
meteore o vulcani
sin ad esaurimento delle scorte



silenzio
nessuno ti ascolta
parli
e non ti capiscono
domandano
e non rispondi
spieghi
e non sono pronti
impari la loro lingua
ma sono già
ubriachi o
addormentati
silenzio



La fregata ha un’apertura alare
di due metri,
il suo scheletro pesa
centocinquanta grammi.



Ho notato dei crepitii durante l’
ultima recitazione del radiogiornale,
come quelli che si sentono suonando
un vecchio disco in vinile
danneggiato da ripetuti ascolti.


diretto 12.1, 24.IX.MMVI, a P.V.
diretto 12.2, 24.X.MMVI




DIRETTO 13

giugno 1990


Uno

C'era una volta una camicia.
Una camicia stirata a puntino.
Il suo collo inamidato faceva
invidia a "Lingua d'Acciaio".
STEEL LANGUAGE.
E venne l'alba: una nuova storia da
pettinare al sole.
Un campo di grano maturo.
Neon di cristallo.
Un treno fermo, una foresta d'inverno.
Ruggine e ciuffi d'erba, il rumore
delle onde.
Guarda i visi sullo schermo; osservali,
loro non ti vedono.
Premi il grilletto della pistola e
guarda il suo corpo fremere.
Inutile farsi scrupoli: gli scrupoli
si consumano con il passare
degli anni, dei secoli.

I sopravvissuti di Hiroshima, di
Nagasaki; i visi cancellati sulle
pellicole dell'archivio
cinematografico nazista di Berlino
Ovest e su quelle di Berlino Est.
- Cosa fai !? Non mi ascolti ? -
- Scusami, ero sopra pensiero . –

Ho vissuto pienamente la mia storia,
mi sono venduto per necessità.
Ma voi, voi che siete riusciti a fuggire
dopo aver vissuto in silenzio il tempo
dell'azione, che avete detto si per
interesse; ora reclamate giustizia e
una nuova patria dove continuare a
moltiplicarvi.
Avete vissuto un film giallo in
bianco e nero e volete gridare a
tutti i costi il nome del colpevole,
il vostro colpevole.

Aprire i meccanismi, dimostrare le
finalità del progetto.
Per lei che ha perduto tutto è una
giusta rivalsa.
Per loro è un lavoro da formiche.

Nella vostra villa in campagna fate
esperimenti in solitudine e quando
scendete fra noi, ignavi mortali,
ecco che vi sottoponete al rischio di
essere annoverati nella schiera dei
colpevoli senza possibilità di
perdono.


Due

In pochi giorni posso liquidare tutto
e raggiungerti dove sai.
Ci vorranno dieci minuti, 6,36, se
tu vorrai, potremo prepararci alla
partenza.
Resto a guardare la televisione fino
al termine dei programmi, quando
finalmente il tempo ricomincia a
scorrere e posso tornare a vivere.
Nel momento dell'oblìo ritrovare le
memorie più dolorose.
Gli occhi sbarrati dei morti.
Lo shock dell'amplesso, quello della
resurrezione.
La vendetta della vittima e la
ritorsione del colpevole condannato.

Siete entrati in casa mia
e vi ho spiegato che ogni cosa che
vedevate ho voluto che fosse
esattamente così come l'avete trovata.

Raccogliere le testimonianze lasciate da
sbadati protagonisti per scoprire i
reperti dimostrativi di un complotto
generato per tramandare l'insegnamento
scaturito dall'osservazione dei
legami tra cielo e terra.

I ritmi della manipolazione.
Una vita vissuta recitando la parte
del protagonista.
Le distruzioni causate dagli elementi
naturali.
L'ottimalizzazione del controllo.
Il caldo scetticismo del lettore, il
bianco spaesamento del visionatore di
immagini.

Discutevamo sulla maniera di
trasmettere intuizioni con il minimo
dispendio di energie; usando un numero
esiguo di differenze creatrici,
svelando il sipario che ci nasconde
l'esistenza di mondi paralleli, come
cataratta che ci annebbia la vista.

In fondo al tunnel, oltre le budella
cieche della vacca sacra, c'è un
semaforo impazzito.


Diretto 13.1, 13.IX.MMVI




DIRETTO 14

20 novembre 1985


altri ambienti


leri ero a Lugano ed ho approfittato
dell'occasione per fare un paio di
foto.
Sono andato al cimitero comunale con
Un amico fotografo.
C'era un funerale in corso: presenti
circa trecento persone.
C'era uno scavo di cinquanta metri di
lunghezza e cinquanta centimetri di
profondità.
Al centro un’escavatrice cingolata
ferma, in ossequio al morto.
In un angolo un grande rullo
costipatore preceduto da una lunga
striscia di terra liscia
Oltre il muro e i cedri del cimitero
l’enorme tendone del circo con delle
magnifiche stelle rosse cucite sopra.

Ho fotografato:
il cimitero e il rullo
il cimitero e il circo
il cimitero, il rullo e il circo.
Ho immortalato anche una giraffa.
Del funerale non rimarrà traccia.



Ora che é inverno vedo gli uccelli
negli alberi: saltellano di ramo in
ramo attraversando la trasparente
sfera di un noce.
Ad ogni salto beccano il muschio
sulla corteccia gelata.
Il loro giro si chiude sul mio
davanzale messo a perpendicolo della
tangente a nord della chioma spoglia
dell’albero.
Atterrando scivolano sul falso marmo,
prendono duo o tre semi di canapa
nel becco e se ne ripartono appena
possono, graffiando rumorosamente
la protezione in alluminio.



Ho l’impressione che talvolta i morti,
quelli che lasciano un corpo in
decomposizione, non siano affatto
scomparsi, ma vivano in un
universo negativo al nostro (negativo
non nel senso morale, ma strettamente
territoriale) in cui si immergono,
sprofondando sempre più.
Mi sembra di riconoscerli, i morti e
Il loro scavare, nei piccolo buchi che
Ogni tanto osservo nel terreno:
testimonianze di vortici matrici
causati dal loro sprofondare.
E allora, quando penso così, ho la
Sensazione di camminare sull’acqua con
La paura che il miracolo cessi e di
Dovermi bagnare i piedi.



Nella penombra
Fra le luci bagnate dalla pioggia
Guardare i rami gocciolare per terra
E frotte di uccelli brulicare
Sui mucchi di letame fumante

Il batter d’ali del solito
Mille anni
Mille anni


diretto 14.1, 13.IX.MMVI




DIRETTO 15

1985

Ambienti naturali e non


Il fiume, il grande fiume e la
foresta.
Cascate.
Ràpide.
Enormi curve a serpente dove l’acqua
Scorre lenta.
Specchi d’acqua con la luna dentro.
Flusso atomizzato in roboanti nuvole.
L’arcobaleno.
La riva destra del fiume, le sorgenti,
la foce a delta, le cascate a
strapiombo sulla giungla, la riva
sinistra del fiume.
La sorgente del fiume, le paludi e
i vortici.


Su un tronco sospeso sul fiume che
scorre.
Sull’acqua che cade.
Mangiando banane, raccogliendo legna.
La notte cantando e danzando sulle
mille lame di luna.
Sul fiume che scorre.
Sull’acqua che cade.
La voce che canta, che culla.
Di roccia in roccia.
Di ramo in ramo.
Dormire sul muschio.
Urlare da un albero.
Mangiare frutti maturi.


L’ambiente assomigliava da alcuni
lucidi attimi a quello di quando
sognai Coltrane a piedi che soffia
in una cornamusa sforacchiata.
Lo sognai di scritto e di profilo,
come la scimmia disegnata.


Lustra le scarpe al mattino
mangia crostini e beve caffè.
A casa rimangono i bambini
a guardare la tivù curati dalle nonne
a dalle donne a ore.
Gli altri per strada a cercare un
parcheggio: il più vicino al centro,
ma gratuito.
Fumi o non fumi, poco fumi
qualcosa di niente.
Noia si ripete in gioia si ripete
nel presepe, nel contagocce a tempo.
Si dimentica la noia dimenticando
di tirare l’acqua e
di fare l’amore.


passeggio la notte
solo nel piazzale sgombro
traccio linee sulla neve
sotto
l’asfalto bagnato è scuro, nero
e ruvido
scivolo sulla neve
senza mai toccarne il fondo
percorro le strade silenzioso
scostando un poco la neve
al mio passaggio
passo dopo passo
la neve cade e sfoca la traccia
strisciando la neve


la retorica della partenza
manuali d’allevamento
vampirizzazioni psichiche
morti di stenti
isole abitative
la moda del portatile
madri in attesa
orfani
l’aumento della percentuale di dawn
leggero ed efficace


diretto 15.1, 9.X.MMVI




DIRETTO 16

marzo 1986


GNIGNAH


Corri col vento delle opere, curve
manipolate, ordini ritmici, ordine
incosciente; guarda, tocca e parla
del codice scoperto.
Dr. Rambo opera e taglia i cervelli.
Paga ri cocco la meta con tipo che
corre, mi falso e cito “Ma valà!” che
più s’è verso:
la stoppia – stappa – steppa.
Chiamo a rapporto le dita più luride.
Genitali sparsi, genitali dispersi.
Ecco le opere dei più, dei meno.
Si credono sempre in pareggio e
accumulano con la foga del vincitore.
Chi fugge ride e tiene i soldi
nascosti nella cintura, pronti a
versarne il contenuto sulla lingua di
chi non ce la fa più a parlare.

È la storia del silenzio, la logica
di chi non vuol più comprendere:
popoli la cui dimora sono membra
sparse per il mondo, a riprova che
le nazioni non sono identità e che
ogni macello rende trita la carne.
E noi qui a spazzare i viali,
a lavare-lavorare di continuo le
facciate del palazzo: gli schizzi
incrociati dei getti e la materia che
cola nei tombini ordinati nei punti
strategici, pendenze legislative.
Ricordo quando giocavo nel cortile
della scuola, con gli elastici delle
bambine; scelsi poi l’obbligo morale
dell’accettazione, la prova stoica del
dolore e i necessari pareggi alcolici,
allucinatori: la tabella clinica dei
ritrovi pubblici.

Ora comando alle mie membra libere:
ballo il tip tap (tao tao) sul
ghiaccio, canto alla luna,
accarezzo dolcemente la neve,
sciogliersi.
Mi è rimasta la decisione (mai
dimostrata) di non parlare a chi non
potrebbe capire: la delusione
dello specchio.
Ogni due giorni mi rado perfettamente,
mi sento bello, leggero e allora
calo in città con la scusa di non
poter starmene da solo, dove nessuno
mi può vedere, ammirare.
Vanesio.
Sorrido.

Ecco… la dolcezza della linguetta
della scatola dei cerini. Non sto
perdendo tempo e non sto aspettando
nessuno: queste sono le parole, quelle
giuste, adesso.
Domanda: questo sono io?
Risposta: si, ma non tutto!
Tutta è la finestra, ma non il vento e
la trasparenza.
Tutta è la radio, ma non il magnete.
Tutto è il mondo, ma non le eco e
le parole.
Tutta è l’aria, ma non le voci e gli
occhi.
Le rocce e il mare hanno una velocità
propria, che noi non riconosciamo.
(Sono io questo, sono io alla ricerca
di un consenso.)


diretto 16.1, 8.X.MMVI




DIRETTO

giugno 1986


l’esatto angelo
(un’altra allucinazione)


le chiavi del tempio giacciono
a pezzi
arrugginite per terra
vivere nel magnifico possibile
alone di frequenze
corrucciarsi per la folla in delirio
formiche ovunque
traboccare dal corpo
non è allucinazione

misurare il vuoto in animazione
poco fa qui non c’era nulla
vedo e ritorno a vedere
tocco e muoio
misurando con sonda lucente
le memorie dei
le opere dei
colloidi dai riflessi taglienti
fluido
ora e sempre

nella paziente distruzione degli
il colore degli occhi
cento fogli ordinati in mucchio
gesti ardenti
vento di voci
nel corpo del cristo
un corpo tira l’altro
le visioni del mondo
dei


diretto 17.1, 8.X:MMVI




DIRETTO 18

settembre 1984


Sulla pista dello schizo onnivoro
depredare gli sciamani: bottino
alice-cefalo e tigre assorbente.
Svuotare della manna visionaria
la borsa del deserto, ombre rosse
sul Tibet, ogni nuvola al suo posto.
Cambiare dal blu al blu, gas esilarante
dal forno per la torta alla crema; che
ridere i suicidi prima di morire.
Quadrare le palle escrementizie del
dio scarabeo, cambiare frequenza al
mana digiunatorio.
Fabbriche d’acciaio e mandala
microelettronici.

Didi è sulla spiaggia e cerca
conchiglie:
due orecchie all’orizzonte,
un paguro le solletica le ciglia.
Cade nella rete il faraone:
oltre la morte parole, parole…
Integrare il versetto ridondante dal
papiro al video e commutarlo in RAM
dimenticabile.
Povero padrone perso.
Il Trio Lescano sul pavé solforoso,
struscio di sterpi acquatici; fiamme
e regali per gli sposi novelli per la
festa del papà.

Ecco, arriva la scala mobile degli
inferi triangolati: muoversi,
muoversi!
Mille patelle in un vaso di vetro,
mirra e incenso
diluite in vino e aceto.
Perle orologiere e dialetti telefonici.
Discorsi politici tramutati in
orografie digitali: il campo perso
degli uditori roboanti.

Essere le cose, rincorrere le curve
geodetiche senza riassumerle in
strutture modellatrici.
Lasciare che ci mangino,
che ci divorino gli occhi.


diretto 18.1, 8.X.MMVI




DIRETTO 19

testi scelti dai quaderni:
TERZO
QUATTRO 1
QUATTRO 2
QUATTRO 3
5 NERO BESSO
6 UNO


L’Apocalisse: più leggeri della
pesantezza.
L’Apocalisse annulla ogni maestria
effetto numbing
l’era atomica
esperimenti di massa
clinton riflesso
Finora hanno eseguito gli esperimenti
che sappiamo, ma ora che cavolo
stanno combinando?
Non la smetteranno mai



Ogni profezia è una maledizione.
Con lo stesso veleno delle verità
tramandateci dal passato ( la Verità
può essere trasmessa, insegnata?) le
maledizioni sopravvivono
nei nomi e nelle morti
nelle parentele recenti e lontane
nelle opere e nelle parabole.

tutto è velo e ombra

la musica delle stelle
nuvole
polvere



Ogni anno gli alberi danno frutti.
Io posso anche aspettare.



con l’asimmetria
la natura precede l’errore
canalizzare le energie
magnetizzare le forme
avvolgere l’errore
coltivare l’eccezione



cauterizzato dalle stelle
raccolta e
distruzione e
ricostruzione



ad ogni lancio faccio centro
prendo al volo le cose cadute
faccio le scale a tre a tre
canto al semaforo e
non mi scaccolo in pubblico



come se
quasicristalli nell’
intuire
intenzioni illuminassero




La strada verso il successo fu dura
e lunga, ma dopo innumerevoli
tentativi e vicissitudini riuscì
infine a giungere allo stato tanto
agoniato di ozio totale e
permanente.




bellezza – impermanenza
macchine – movimento
armonia – eternità




la poesia è quella cosa che non lava
il sangue col sangue
non crede all’occhio per occhio
dente per dente
non insulta e non fa propaganda
attraversa l’Apocalisse
a scarpe slacciate
canticchiando la la la
è quella cosa che non torna indietro
non riesuma cadaveri e
non visita vecchie trippe marce
dice no alla routine e
alle abitudini
non è retorica
sente e non capisce
salta e non spiega
senza strategie o analisi
la poesia sta sulle proprie gambe
non sa per dove eppure parte

e scala monti e valli
per anni e anni
ti porta oltre
oltre il fiume
ti porta sull’altra sponda
dove bellezza è espansione
armonia
di voci
di luci




non mangio
l’imballaggio




le corp a disparu
il reste la vision d’un souffle
et le squelette de notre amour




ogni piccolo grumo viene frantumato
ogni piccol desiderio esaudito
ogni ostacolo nel flusso
avvolto e superato
nulla separa
nulla ferma
nella giustizia perfetta e
implacabile del mezzo
innocente procedo
con la potenza della luce




precisione nella ripetizione
assidua accuratezza
la gioia del ritmo
danza del gesto
tempo qualitativo




affetta la sofferenza
trita le fantasie
sono il dottore del salametto
del crudo e del cotto
un chilo di baci
e di carezze un etto




non c’è abilità
non c’è virtuosismo
non c’è abbellimento
non c’è profondità
non c’è scuola
non c’è dolore o stupore
non c’è parola
né ricerca del piacere
del piacersi
non c’è amicizia
né compiacimento o assuefazione
non c’è accettazione
né miracoli o effetti speciali
né calcolo o secondi fini
non c’è mercato o critica
non c’è commento
non c’è ironia
né divertimento
né gioia esuberante



“Chi vincerà nel prossimo millennio
la sfida tra l’intelligenza
artificiale e quella… dell’uomo?”
Un’esitazione: l’intelligenza
umana è naturale?
Un baratro.



trasforma questa merda in terra
porta questa vacca
al giusto concepimento




nel nome e nelle forme
il tempo si cristallizza
e la volontà
del dio del ciclo
si materializza


diretto 19.1, 24.IX.MMVI




DIRETTO 19

19.XI.MMV

Goya: “ritratto di giovane spagnola”
Louvre, riproduzione in bianco e nero


Questi occhi,
questo viso che mi fissa
da una dimensione
di testarda attualità,
di una vita consapevole di passare e
di non essere già più
mentre tu la rimiri ora,
tu che pure sei già morto e che solo mediocri fotografie ti ritraggono.

lo vedi il tuo viso
unico tra miliardi di vite
passa
con uno sguardo tutta la vita
con il peso di una morte
che lo farà scomparire
per sempre
con il mio sguardo

Eppure oltre la pelle
e i muscoli
e la cartilagine
resta fisso il mio teschio,
adatto al trapasso unificante,
simile alla schiera dei teschi
dell’eternità.
E oltre il mio teschio
il tuo
che intravedo oltre lo sguardo
e la smorfia che mi fai ora.
E oltre la pelle
il tuo teschio guarda il mio
e nulla dice
perché già sa quello che anche
il mio teschio sa e che pure
il teschio della giovane spagnola sa
e questo Goya lo fa trasparire
o lo faccio io in Goya.


diretto 20.1, 18.IX.MMVI




DIRETTO 21

ottobre 1989
equino di a da


Per una totalità densa di errori un
battito d’ali è sufficiente.
Per il particolare è come tirare ad
un bersaglio fisso: la portata e la
precisione del colpo sono determinanti
per raggiungere i migliori risultati.

Una lastra di vetro colpita da
sacchetti di vernice.
Tirare lo sciacquone del cesso.
Il filo della goccia.
Un moscerino al lampione.
Dieci tonnellate di ammoniaca.

La tensione delle aperture sui nuovo
mutamenti e le ipotesi costruite
sull’osservazione delle passate
catastrofi esigono una risposta
sull’attendibilità dei nostri limiti,
i limiti dei nostri sensi.

Ritorno allo psichedelico.
Ritorno di merda, la mia merda: di a
da in con su per tra fra nei geni
con su una freccia vedo il mio
corpo al sole
oppure
nella terra cristallizzata dal gelo
e anche
nella sabbia e nel vento sento
come blatta in attesa
come mosca gravida
come elica affilata
come massa tersa
così come vivo
inizio il lungo viaggio

di a da da in con su per tra fra
muso di equino
che si gira
in evoluzione
nei millenni


(il mutare della carne,
la stabilità delle preposizioni
semplici)


diretto 21.1, 2.X.MMVI




DIRETTO 22

testi scelti dai quaderni:
UNO E UNO
UNO E DUE
UNO E TRE
2 UNO
2 DUE

1976 – 1993



tutti ad aspettare la grande mano
dove rannicchiarsi
per essere sollevati
in alto in alto
in alto

tutti ad aspettare la grande mano
dove rannicchiarsi
per essere sollevati
in altro in altro
in altro



mi sentisse il sole
non potrei mentire
dicendo



lambite da un mare
d’olio
dalle onde irreali
spiagge cristalline
ingialliscono
in miasmi sulfurei
e anfibi plastificati
divorano dolcemente
le nostre anime
vagabonde sull’arena
baluginante

gioire atterrito
del nostro sopravvivere
in particelle sconosciute
al brulicante disgregamento



la tò madia
se ti amassi
se tu mi amassi
solo se tu non fossi
potresti essere mia
latte midia
tu potresti non essere
potresti non essere mai stata
là ti posseggo eppure
neppure
se ti pensassi non saresti più mia
così dove non sono tu sei
dove non sono sei mia
l’amore meno uno
è dove non c’è nessuno



Dal colosso abissale della scarto
l’arte dell’ora e qui
sguarda l’avanzare recitativo
della ricerca del bello:
nel vero istinto frazionato
il suo ciclaccare
calco e fesso.

Mah!
insomma…
Quando arriva il corpo di sicurezza?




La cosa è stata realizzata da gente
malata, la mente fetente dello
zucchero fino e del risotto e osso
buco, punto fermo della restante
denominata follia.
Mi buco con un tacco a spillo è la
parola d’ordine all’entrata del
Blue Angels per gli scimmiottino
accademici letterati.
barba e capelli
tazzine pelose della nostra virtù
Barbablù pensaci tu… e così via.
Dio salvi l’immagine. Lavelli e
Saclà La La La La La La La La La La
La: io vinco.
La: io mangio.
le gutturali coccolavano di sabbia l’
epiglottide
evviva evviva evviva
MANI PENSACI




FEU ROUGE

grazie
all’asfalto bagnato
vedo il riflesso ventre ferroso
dell’auto che mi dà il via
culo magenta
verde




Sull’onda dell’argonauta cosmico
viaggiare
oltre lo spazio vitale dei pianeti
redigere messaggi genetici
sui corpi terrestri.
Mancare tutti i bersagli vuoti e neri
risplendere
nella luce vitale dell’amore
fraternizzare con alberi e uccelli.

Essere l’asciugacapelli che scava
sullo specchio appannato che svapora.
Rotonde maniglie equilibrate.
La paura del pentimento annuncia
la continuazione del terrore.
Grazie.
Non c’è di che.




quand tu t’pèses
t’as toute ta vie




la monotonia ossessiva
del mediocre demenziale
non su un vassoio d’argento
verrà offerto l’amore
lei gli parla all’orecchio
lui la schiaffeggia rumorosamente
lei barcolla e cerca il suo viso
e lo bacia e dice ti amo
una mano che è una faccia
uno sguardo come indifeso respiro
onda ostinata mi cerchi
ti accolgo come corroso scoglio
i coltelli sono sguainati
i cicli si avvinghiano
le generazioni si confondono
nel vortice che tutto
giustifica e nasconde
Quando partono lo dicono a tutti e
quando tornano si fanno subito vedere.




ora che il vero mio amore
sento liberarsi dall’interno
posso soddisfare gli ancora
esigenti desideri del cuore
senza che mi spingano
oltre il limite
che il furore di una celibe speranza
trasformerebbe nel nero ghiaccio
vortice del ritorno




non serve
arrivare in ritardo
o
partire in anticipo
non serve




Primo aprile al pianobar:
“Papà, sono incinta, di due mesi!”
dice la lesbica cocainomane e il
babbo si mette a piangere dalla
felicità.
“No, scusa, non è vero… non sapevo
che te la saresti presa così a cuore:
è un pesce d’aprile, non è vero!”

Oppure:
“Gente del mondo, popoli della Terra:
gli extraterrestri hanno invaso il
pianeta!
Scusate… non è vero: non sono
alieni, sono terrestri come noi.”




ho le mie cose sparse ovunque
fuori piove a dirotto
tuoni e lampi
la radio dice: temporali violenti
nell’abitacolo dell’auto prendo
una mosca in pugno
guidando

la notte mi piace viaggiare
per strade sconosciute




Che ne so del dove sono?
Tento al giorno o giù di lì.
Marcondiro segna il punto,
Marcondò ricorda e dà.

Per il dì del compleanno,
che è il mio e di quello là,
segna il vento quell’uccello
e domani pioverà.

gioca e trita
trita e gioca



Di fretta
in fretta
in bicicletta in treno
pigiati sul bus
percorrono città
consumano palazzi
vigne salami e formaggini.
Seduti
allo scanno bollato
allo schermo elettivo
si mangiano a memoria
nel piatto usato delle parole.

Contando i curvi fuochi delle stelle
m’alzo dritto e parto
linea nel cielo
punto lontano.




nell’estensione ubicua dell’umanità
la Terra incrostata di pattumiere
nelle piattole che ridondano
le feci eterne

nelle piccole parole stampate
il terrore di non riuscire ad
eternarsi nel
multiplo flusso cosmico

cazzi di carta e
patti di sangue



Su e giù, qui e là
il tempo a tic tac
svela il corno del mistero:
un si e no che fa capricci.
Per un inghippo digitale
parti cubici trasparenti
arrivano primi sul filo
dei decimi di secondo.

Cercavo qualcosa da mettere
sullo scivoloso davanzale di marmo
per quegli uccelli affamati:
il tappeto per la scopa a carte,
campari bitter apéritif.
Ottimo per beccarci la granaglia
come atterrare sulla terra.
Il batter d’ali del solito
mille anni mille anni.




Circuiti elettronici nella struttura
molecolare dei cristalli.
Nelle relazioni tra percorsi digitali
e simboli ortogonali, l’identità dei
programmi cibernetici svelata dai
sigilli cristallini.
Il cristallo è intervento fuor di
metafora: il suo valore catalizzante
è determinato dalla sua stessa
struttura.




le acque danzano
al ritmo delle torri impazzite
i limoni spopolano deserti di gomma
fusa tirate a lustro
cervelli pezzati
evoluzioni
io
noi
nubili avventure nel caos trifolato



abbi un po’ di umiltà
lascialo
ossidarsi all’aria
lascialo
imputridirsi nella terra
lascialo
incenerirsi nel fuoco
sciogliersi nell’acqua
lascialo agire
lascialo consumarsi



la distanza è un ingrandimento
precisione è potenza di connessione
lo zucchero fa più gola del riso
la realtà scientifica lavora
l’informazione

vinco e mangio
assimilo il perdente
il rito mi cava gli occhi

la macchia d’olio sull’acqua
pasta al dente
pressato a caldo

la valvola onnivora rinchiusa
nel reticolo cosmico

hai messo la canottiera di lana?


diretto 22.1, 24.IX.MMVI




DIRETTO 23

novembre 1989


La contemplazione di
un luogo sconosciuto.
Lo sforzo fisico
produttivo e utile.
Che cos’è l’assenza
se non alienazione?
Non è più qui:
è di nuovo in solitudine.
Corro nel cerchio delle promesse
delle fate
delle esse e
delle zeta.

Lo vedi?
E’ un simbolo il paesaggio,
si pronuncia a lingua mozzata,
indicando con un dito un punto…
laggiù.
E tu rimani ai attenta attesa
svezzandoti con curve e colori.

Solo i ciechi vedranno.

E riprendi pazientemente la collezione
dei segni e li osservi: ora così,
aora cosà, badando bene a non perderti
nella cristallizzazione di linee e
punti, nelle sintesi progettuali del
simbolo.
Arrivano da così lontano e tutto è
fòla e vento che morde e corrode.

Scritture che sono ombre incoerenti e
pertanto passibili di interpretazione.
L’incontro verificabile e scientifico
tra gli estremi dell’alienazione
progettata e quelli della lucidità
contingente.
Percorsi attendibili e discreti,
nicchie accoglienti rese diafane dai
fumi della decomposizione.

Da capo.


diretto 23.1, 2.X.MMVI




DIRETTO 24

ancora con l’ultima



ogni movimento ha la sua oscillazione
ogni crimine la sua utopia
perciò
toglimi le mani di dosso!




un meccanismo cibernetico che ci
succhia in un’altra dimensione
dovel’equilibrio oscillatorio
della nostra presenza è dato dal
costante tentativo di mettere a fuoco
l’immagine di oggetti di cui
possiamo solo ipotizzare l’esistenza
e in cui tuttavia continuiamo ad
inciampare causandoci ematomi sempre
freschi sugli stinchi

un’altra vita
un’altra vista




Una considerazione intrigante: l
a lettura rizomatica della mappa
storiografica è in perfetta sintonia
con la trasformazione della profezia
da detta a pianificata.
Abbiamo fatto un salto di qualità:
oltre tale operazione il rischio
aumenta e gli occhi si dilatano.
La prassi rappresentativa psichedelica
oleografica aiuta a sostenere e a
mantenere accettabile questa
dilatazione.




Con piccoli ritocchi completare le
figure accidentali così da rendere
l’opera artificiale, ma senza farlo
apparire esplicitamente.
Asimmetria.




Più numerose sono le forme ad essere
assemblate più si esige precisione
nella costruzione singola (disciplina
genetica).
Ogni dodecaedro pesa 2,6 kg uscendo
dallo stampo in gesso.
L’irraggiungibilità della perfezione
crea mutazioni: evoluzione
(l’evoluzione zero è il bersaglio
della perfezione).
Ogni intervento ulteriore sulla forma
sintetica misura la precisione del
modello: misurare è percorrere.
Piccole variazioni (errori) nella
costruzione non possono essere
elaborate in massa, automaticamente:
ogni ulteriore elaborazione deve
essere trattata singolarmente
(discrezione).




Il primo spazio proibito disponibile
da conquistare, da abbattere:
sassi dal cavalcavia.





Metteteli alle strette e faranno
sicuramente degli errori.

Una sintesi totale, non come
operazione razionale, ma come
necessità implacabile.

Il perdono è concesso ai nemici,
gli amici hanno il privilegio della
dimenticanza.




Si stava temporeggiando, quando
infine, organizzando un’attenta
attesa, ci si accorse di poter
scoprire con poco sforzo, veramente
molto poco, il vero scopo del nostro
arrivo.




Amore incondizionato distribuito
nel cosmo: pioggia di scie di
comete, acqua.
Pulviscoli di vita ghiacciata danzanti
in strutture dodecaedriche
magnetizzate.
Lampi di luce attraversano lo spazio
interstellare, ritmo lampeggiante,
energia.
Onde di influenza.
Contatto analogico: battito, acqua,
ghiaccio, luce, forma.




ALZATA
Generatori per la vita dei mondi.

Turbini mulinanti e ancora
maelström icone galattiche
cicli stellari,
di bolidi ghiacciati
gravide buie lontane
nebulose gemelle,
ritmi traiettorie e
curvi pozzi insondabili
che lavano
levano da macchiniche foie.
Più grande e sobrio
dei fasti tecnocratici
il fido vento filosofico
offre quel che non si vede
ma che tutti hanno:
ciò che nessuno negli altri
riconoscer vuole
perso nei sogni
che ogni ricettacolo sogna,
così come fuoco fatuo
che consuma e cambio
non produce.
Illumina e vesti
il vacuo girare
in nero operare.
Porta al giardino il passo
e invisibile semina
la visione indivisibile
arcobaleno di spiri
che tutto vede e
dove vuole arrivare decide
errando nell’ordine,
cadenza ancora sconosciuta
che dell’arco l’aereo
ritmo rinnova.




E’ un’illusione esser convinti che
i nostri pensieri più profondi siano
prodotti autonomamente.
La mente usata in modo unilaterale è
un parassita goloso e capriccioso:
basta un nulla per doverlo poi
alimentare con strane sostanze per
tenerlo in vita.




Quello si sbaglia!
E di grosso anche.
Quando si stende il labirinto non
rimane “una linea” : sono due!
Fine.




E’ arrivato il mercato sociale:
siamo tutti in ostaggio.




i sette teschi di cristallo
Caino
antropofagia
scimmie al guinzaglio
sacrifici rituali
evoluzioni
origini
visione idealizzata? falsa visione
vedere oltre la mente
uova con cervelli dentro
kiss – kiss




Disgrazie raccapriccianti?
Vie della co(no)scienza corporea.
Non nominare.
Virus venuto dallo spazio.
Letteratura.
Raccontare storie nell’ordinato
teatrino delle torture: nel territorio
dove il regime delle illusioni è
stato sconfitto.




“I sistemi viventi ritardano l’
entropia”: intervengono
dopo il livello di entropia raggiunto
dai sistemi inorganici.
Le moltipliche della scoreggia.
verso la fine della catena
tempo diluitore di catastrofi
emersione di dimensioni
giustificative invisibili
fullereni
stocasticità prima della
cristallizzazione
massa nera cosmica
materia in attesa
La scoreggia dell’Uno che si vuole
guardare: buco nero, fermentazione.



Il piacere del molteplice:
sacchi di pelle
grovigli di frattaglie
fasci di nervi
cresciuti attorno ad uno scheletro.
Appesi ad un mucchio di ossa in
precario equilibrio.




un fine comune
dettato da esigenze ambientali

lo spazio di una riflessione

l’ineluttabilità non urgente

la spontaneità dell’inevitabile

il tempo della riflessione




a poco
a poco
il picchio lavora
l’albero che ha
rami e radici
nel cielo e
nella terra
dove saltella
giallo
il becco del merlo


diretto 24.1, 30.IX.MMVI




DIRETTO 25

sette brevi


gennaio 1990.

La rincorsero con una limousine
truccata, si sentì un urlo e una
portiera sbattere
Fu ritrovata due giorni dopo su un marciapiede, a pezzi.
Era poco prima dell'alba.
-Bel modo di cucirle la bocca!- disse
il passante che la trovò.
Un passaggio di nuvole a bassa quota
lo proteggeva dalla luce delle stelle.
Poco più in là: un cane.
Il "meglio lasciar perdere" dell'uomo,
fece in modo che la raccolsero un
numero dispari di giorni dopo.
A dir la verità ne era avanzata ben
poca cosa: irriconoscibile, se non per
la dentatura sparsa un po'
dappertutto, la trasportarono all'
obitorio dove se ne perse ogni traccia.
Di lei rimangono alcune righe scritte
a macchina e una fila di fotogrammi venduta in confezioni esclusive ai
pochi affezionati paganti.


15.12.85

werther
giovane (e bello).
werther
giovane (bello) e tedesco
centodieci chili di stazza
vergine e maggiorenne nella vasca da bagno
la schiuma fumante
il corpo bruciato e le valvole saltate

f. zappa ad altissimo volume




Mi lavo la faccia al cesso della
discoteca.
In mancanza di meglio mi asciugo con
la carta igienica e subito ritorno in
pista, scatenato.
Alla luce degli ultravioletti ho una
pigmentazione fosforescente sul
pullover e sulla barba di due giorni.

matt bianco ad altissimo volume






umore nero questa sera
alle chiare e fresche acque
SALUTE
vasco nelle cuffie
il fatto non ha ripetizione
nessuna cronaca riassuntiva
stasera scrivo nel diario di contare
le stelle
nell'eventualità che si spengano

FZ ad altissimo volume
(direttamente a macchina)




Macrocefalo e Retinospora passeggiano
a braccetto per la città.
Sconvolti da un passaggio a bassa
quota, entrano in una pasticceria,
dove consumano tutto, pasticcini
compresi.
Ritornando sulla via di casa, lasciano
le loro impronte sul marciapiede
dimenticandosi però di firmare col
dito sul cemento a memoria porosa.
Si dimenticano subito della
dimenticanza.
Una volta arrivati a casa si consumano
d'amore e la loro storia è tutta qui.

P.S.
caduche sopra lunghi rotti cadeano sul presto e come
sbrinate dal vuoto ritornano col dito all'amore e
consapevoli del loro MANI trovante spostamenti sul
Carso e mesti di colori e tanghi
col mio dito il tuo dio, eccetera.




Triconomas e Porcavallos guardano il
trespolo dall'angolazione giusta...(!)
Ripudiati dalle profondità esoteriche
del paesaggio industriale che incalza
e li circonda, si tuffano nella
vivisezione del pappagallo.
Giallo, verde, blu, giallo e giallo.
Coloratissimo il pappagallo arruffa le
penne e ammira il presepe oltre la
siepe.
Triconomas estrae dalla borsetta degli
attrezzi un'affilatissima lametta
(per la barba).
Porcavallos già pensa d'andare in
pista e si prepara al flash del
fotofinish.
Dopo alcune sbuffate contro la
transenna, si accorge che il pubblico
presente è entrato solo grazie ad
abbonamenti prestati da parenti o
amici e che lo spettacolo non vale la
candela.
L'arco del cucchiaino arriva primo,
cantando sunny-boy sul filo in rottura.
Triconomas sveglia Porcavallos che
ritorna dopo cento frustate meritate.
Il pappagallo ripete fedelmente ogni
gemito.
Giallo, sono le sue ultime parole.




Stando con te scopro come cambi e
questa è la mia avventura quotidiana.
L'eco di ciò che scorre mi dice dove
osservarti e quando lo faccio a volte
scopro cambiamenti che forse tu stessa
non hai ancora decifrato.
Tento allora di mantenere segreta la
mia scoperta e attendo il momento di
condividerla con te, senza far nulla
per aiutarti a svelarla.
In questi momenti sembra che tu voglia
farmi capire con impercettibili
accenni, tanto insignificanti da
sembrare involontari, che scopri i
tuoi cambiamenti solo grazie ai miei
quando ti osservo.


diretto 25.1, 19.IX.MMVI





DIRETTO 26

24.V.MIM


I paesaggi sociali e i flussi
desideranti (territori desideranti)
sono la passeggiata dei miti:
fattori esterni.
Bombardare con grafite
(carbonio, allotropi, fullerene)
i circuiti elettrochimici cerebrali;
effetti e non cause
(illusoriamente esenti da influssi
esterni).

Il flusso monetario virtuale: aria.
Volumi platonici simbolicamente
pesanti: terra
Come si può descrivere ciò che cambia
se osservato (Gauss, impossibilità
dell’autoreferenzialità).
Alieno: il linguaggio è un virus che
viene dallo spazio esterno.

I sacerdoti aztechi usavano droghe
eccitanti con le loro vittime
sacrificali: spellate vive venivano
poi lasciate alla mercè delle
fameliche formiche della giungla.
Il dolore potenziato era il
propellente per viaggi nel tempo,
per influenzare il flusso degli
eventi.

I giardinieri dei territori
antropologici: zootecnia.
le dighe del dolore
i canyon del bisogno
i vortici del benessere
gli abissi del tempo libero
gli antri della paura
le gole dello spreco
gli orridi dell’inquinamento
i deserti delle fluttuazioni monetarie
la giungla delle speculazioni
del mancato soccorso
dei giochi in borsa
delle multinazionali
dell’impossibilità al dialogo
una violenta distruzione
coscienza dell’illusione
caterpillar della ragione
dinamite del silenzio

cristalli
sequoie
api
formiche
vespe
termiti
balene


diretto 26.1, 19.IX.MMVI




DIRETTO 27

22 ottobre 1984

quartetto a molle


la vigna ortopedica
bubu lavacessi
cartoni volanti
allergia alle pechinesi del sud di a
da in
conservanti volitivi
l’osservatore del vino teso
quando l’ora verrà
tutti sul dito a testa in giù
è convesso l’attimo del cielo
è lì e là
puntato sul cerchio d’ottone
sul mio bottone
cotti Sali-scendi


Québec.
L’Olimpo scende sulla Terra
vangando paesaggi sereni e lucenti.

Dal dì del mare nella luna
è trascorsa l’era dei cristalli.

Scostanti monelli punzecchiano
con i piedi al volo
lo strascico letamaio delle menti.

“Carlotta… la cena si fa fredda!”


Ricordi?
Nell’ora altrove il video tuo sguardo
danzava nelle cose.
Quanto peso voler dimenticare,
un vizio
dimenticare a memoria.


Com’è?
Stare alla velocità della guerra,
giocare coi computers.
E’ venuto prima l’uovo o la gallina?
E’ con le palle cianotiche che
parliamo all’assicuratore.
Stare all’immagine riflettente.
Togliere lo specchio non significa
abolire l’immagine,
ma non vederla.
Un palo ogni metro e cinquanta:
una bella misura tra becchini.
Diventare subito tempo.


diretto 27.1, 19.IX.MMVI




DIRETTO 28

dicembre 1985

alla ricerca di una storia che sveli
la chimica della matita


Apro la finestra al giorno.
lì vento diluito in soffio raggiunge
la scrivania.
Il risveglio del segno.
Il foglio scivola e scompare tra
pavimento e armadio.
Dato lo spessore immaginare la
possibilità di un ritorno dal buio
interstizio polveroso.

Riappare ricoperto dalla lanugine
frammista a capelli neri e organici
che si raccoglie sempre negli angoli
riposti delle stanze.

Il segno mutato dal foglio
stropicciato non ammette né
ripe¬tizione né dimenticanza:
impossibile raccoglierlo con paletta e
scopino, risucchiarlo con l'
aspirapolvere o tanto meno usare un
foglio-trappola dove ripeterlo per
cancellarlo a viva forza con una
gomma collaudata.

Riappare durante la tregua del sonno,
creando con l'aiuto del flusso
continuo e lento del respiro, deboli
correnti d'aria che scompigliano e
annodano i capelli.

Al risveglio, dopo l'acqua gettata
a piene mani sulla faccia e sulle
braccia, ci pettiniamo diméntichi
dei sogni che penzolano invisibili
sul corpo appena sveglio.
Osservo allo specchio:
una certa piega all'angolo della
bocca e uno strano rigonfiamento
delle gote, data l'ora precoce,
mi ricordano uno sghignazzo fatto
sottovoce, materiale e inudibile:
un soffio.


diretto 28.1, 18.IX.MMVI




DIRETTO 29

1989


perché la notte nulla
nulla è prodotto
alla luce del sole
i lavoratori producono e
consumano
mentre gli oziosi
rischiano
durante le ore silenziose e oscure
rischiano
le ore lucenti del mattino
puntando sui sogni perduti


Ma si stava così bene, ma così bene…
Ecco… c’era un’aria messa lì.
Noi, come voi, la respiravamo.

Cadeva come previsto l’ora elle
doppia.
Cambiò colore senza accorgersene e
fuggì piangendo.
Fu come alitare sullo specchio:
i suoi capelli morsero le stelle,
contandole una ad una.


L’ industria che pubblicità usa?
Degli spot intercontinentali
dove il cielo è truccato
e si vedono angeli annunciare
la buona novella.
E’ solo uno scherzo.
Sui tetti le antenne vibrano al vento;
sotto, a inzuccherarsi il cervello.
Più su la cosmesi nebulosa,
indistruttibile come da preventivo,
è attraversata da frequenze
invisibili, ma operanti.


Tu prendi un rotolo
e lo svolgi sul tavolo:
mancano tutte le lettere meno una,
la tua.
Mi dici:
“Ecco, prendine pure… anche due.”
Non soddisfatta ne prendi un altro,
ma non è sufficiente…
ne prendi un altro e un altro ancora.
Alla lettera gi come gomma non eravamo
più lì.


Ecco la storia prendere forma:
seicento pagine una dietro l’altra.
Al settimo capitolo
ci sono delle frasi cancellate.
Nel capitolo seguente
squilla il telefono: vado.


diretto 29.1, 22.IX.MMVI




DIRETTO 30

aprile 1989

contano sui lombrichi
contano in piedi
anche seduti
mai all’ombra
se vedono un cane
lo abbattono

si portano
tutte le malattie
tatuate sulla faccia
e non si sono ancora estinti

ad occhi aperti vicini e piccoli
le pupille come gelatine
promettono a tutti
che un giorno ritorneranno
pagano i debitori
investendo sulle giovani generazioni
programmano l’estasi con precisione
contando i secondi
anche i quarti
vogliono sempre essere i primi
a fare cilecca

sono vaccinati
Cincinnati Belgrado tokyo
per loro è senza importanza
la medesima cautela
sono amati quando passano col rosso
armati se innocenti
rossi se colti sul fatto
in ogni caso usati
mai di prima
prima tu
poi vedremo

diretto 30.1, 18.IX.MMVI




DIRETTO 31

MMV


Siete usciti di casa?
Avete lasciato abbastanza cibo e
acqua per i vostri animali?
Avete preso il pacchetto di primo
aiuto?
Quante scorte avete a casa e per
quanto tempo?
Siete autosufficienti?

La chiamano Apocalisse dilazionata:
ma colpiranno?
Nemico invisibile e pericolo incerto.
Probabilità.
Rischio e incertezze.
Non si riesce a determinare la
strategia, non ci si può decidere.
Nessuno si muove.
Tutti pensano alla propria sicurezza
persi nel corto circuito della paura
e del terrore.
Sospensione.
Atarassia.

Situazione a tre T descritta da W. B.


diretto 31.1, 18.IX.MMVI




DIRETTO 32

28.VII.MMIV


Mai dimenticare la lezione
della fabbrica e
della catena di montaggio.

ripetizione
molteplicità di oggetti uguali
movimenti sincronizzati e
ripetuti sempre uguali
la legge del minimo sforzo
della moltitu¬dine
lo sforzo fisico nella ripetizione
ore
giorni
settimane
mesi
anni

la quantità di oggetti
mille
diecimila
tutti uguali
identici
da soli e nella massa
da soli nella massa
tutti da tocca¬re
manipolare
toccare per riempire
spostare per contare
spostare
riempire

la mentalità dell'operaio
dell'industria dell'uguale
nella produzione di oggetti uguali
posizioni interscambiabili
la non indispensabilità del lavoratore
la macchina da nutrire
la macchina che mangia il lavoro
la non referenziabilità
del prodotto finito
tempo
attimi di tempo ripetuti
l'oggettività del tempo che passa
importa di più
un quarto d'ora di pausa che
nove ore di lavoro massacrante
in attesa della fine
i movimenti si fanno automatici
pensiero
pensieri

ripetizione continua delle azioni
non troppo veloce
non troppo lento
senza dare un senso al movimento
tempo perso
il periodo lavorativo diventa pausa
dal vivere fuori dalla fabbrica
nove ore per riscattare
gli attimi di vita privata
non responsabilità
atteggiamenti e voci
infantili per scherzare
tempo da dimen¬ticare
che cosa hai fatto oggi?
scatole
ho messo coperchi
ho riempito barattoli
ho spostato palette
ho pulito le macchine

Masse in movimento
nella pausa del tempo lavorativo.
Fuori dalla fabbrica il tempo diventa
tempo di pausa dal lavoro.
La massa degli oggetti
che crea la massa di lavoro.
La fabbrica come momento
di meditazione, riflessione.
Mai dimenticare la fabbrica e il tempo
passato a lavorare con la massa
degli oggetti nuovi da trasformare.

la fabbrica come momento
territorio di morte
dimenticanza e annullamento
riscatto tentato nella regressione
ad istinti e comportamenti primari
cibo
sesso


diretto 32.1, 22.IX.MMVI

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